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Esigenze primarie dell'olivicoltura

Carlo Mucci

Una delle esigenze primarie dell’olivicoltura, sia tradizionale che di nuova concezione, è

quella di adottare forme di allevamento che rendano più efficienti le moderne tecniche

agronomiche, con particolare riferimento alla potatura e alla raccolta delle olive mediante

dispositivi gestiti da terra. Allo stesso tempo, una razionale forma di allevamento dell’olivo

deve tenere conto dei seguenti punti:

1. Rispettare il modo naturale di vegetare della specie (basitono e cespuglioso) e le

caratteristiche delle cultivar (vigore e portamento). Il rispetto delle caratteristiche naturali

dell’olivo evita dannosi conflitti con la pianta, contribuendo a mantenere un buon equilibrio

vegetativo e produttivo. Questo si traduce in un contenimento dei costi, maggiore efficienza

e potenzialità produttiva.

2. Garantire un buon rapporto tra chioma e apparato radicale. Le forme di allevamento

coercitive e i severi interventi di potatura che limitano lo sviluppo spaziale naturale degli

alberi, alterano l’equilibrio tra chioma e radici, favorendo l’attività vegetativa a discapito di

quella produttiva. La forma di allevamento e la potatura di produzione devono, quindi,

assicurare una chioma proporzionata alla capacità di rifornimento dell’apparato radicale.

3. Mantenere un buon rapporto foglia/legno. Le foglie e i tessuti legnosi svolgono ruoli

complementari ma distinti nelle funzioni metaboliche dell’olivo. Un rapporto tra foglia e legno

bilanciato migliora l’efficienza complessiva dell’albero, favorendo un'adeguata superficie

fotosintetizzante e strutture vegetative più orientate alla fruttificazione. Al contrario, un

rapporto sbilanciato a favore del legno riduce l’efficienza della pianta, in quanto, pur

essendo fondamentale per la formazione di strutture di sostegno, di trasporto e di riserva,

"utilizza" i carboidrati prodotti dalla fotosintesi. Un rapporto ottimale fra le due componenti è

quindi essenziale per garantire la piena funzionalità dell’albero.



4. Favorire un elevato rapporto tra superficie esposta e volume complessivo della chioma e

garantire un adeguato arieggiamento. Assicurare condizioni ottimali di illuminazione e

aerazione nelle diverse parti della chioma è fondamentale per preservare la salute

dell’albero ed elevare tutti i parametri produttivi (qualità, quantità, continuità, ecc.), in

convergenza con la densità di impianto.

5. Assicurare una struttura solida capace di sostenere il peso delle varie parti della chioma,

dei frutti e resistere a vento ed eventuali nevicate, minimizzando il rischio di rottura delle

branche.

A tal proposito, nel corso degli ultimi anni, alcuni ricercatori hanno rilanciato una forma di

allevamento tradizionale, il “vaso policonico”, che fu ideato e sviluppato nei primi decenni del

secolo scorso grazie principalmente al contributo di due tecnici di olivicoltura: Alfredo

Roventini e Secondo Tonini. Questi due ricercatori, operanti rispettivamente in Toscana e in

Umbria, definirono una forma di allevamento che integrava principi di fisiologia della specie

con la tecnica di potatura, ponendo particolare attenzione alle esigenze naturali dell’olivo.

L'obiettivo era elevare la produttività dell'albero, migliorando al contempo le sue condizioni di

vita.


Il lavoro di Roventini e Tonini si fondava sulla constatazione che, spesso, molti olivi allevati

secondo il sistema tradizionale a vaso (o vaso dicotomico), presentavano un accumulo di

legno strutturale nella parte alta, che determinava un accentuato rifornimento linfatico

favorendo il predominio della parte superiore di chioma a discapito di quella inferiore.

Questo portava a potature irrazionali, come la capitozzatura del tronco a una certa altezza,

intervento che, oltre a essere dannoso, non stimolava il ringiovanimento naturale della

pianta. L’innovazione proposta si ispirava all'osservazione che una metodologia più

rispettosa delle caratteristiche biologiche dell’olivo fosse in grado di favorire una crescita

sana, equilibrata e produttiva, specialmente nella zona medio-bassa di chioma.

In particolare, Roventini, nel 1920, con il celebre motto “l’acefalia degli olivi deve

scomparire”, si opponeva alla pratica di eliminare la parte superiore degli alberi,

promuovendo invece una forma che rispettasse e incoraggiasse lo sviluppo naturale

dell’olivo. Questo approccio, che ha avuto la sua origine in Toscana, segnò una vera e

propria svolta nell’olivicoltura dell’epoca.


Tuttavia, a seguito della gelata del 1956, che colpì gran parte dell’olivicoltura delle regioni

centrali italiane, il vaso policonico fu progressivamente sostituito dal vaso cespugliato

proposto dal professor Alessandro Morettini. Questo nuovo sistema, ideato per rispondere

alle esigenze post-gelata, prevedeva che la pianta di olivo fosse costituita da più fusti

(policaule) che si sviluppavano dalla ceppaia superstite, assumendo una forma cespugliosa,

ritenuta naturale per l’olivo e adatta a favorire una rapida e soddisfacente entrata in

produzione. Le piante ricostruite secondo questi principi fornirono ottimi risultati, con una

produzione superiore rispetto a quella antecedente al gelo, dimostrando l’efficacia del nuovo

approccio.


Riflessioni e Rivalutazione del Vaso Policonico


Con il passare degli anni, però, emersero significative difficoltà operative legate al sistema di

allevamento a vaso cespugliato, che complicavano notevolmente la gestione dell’oliveto.

Questo ha spinto a riflettere su soluzioni alternative, tra cui l’adozione di forme di

allevamento precedenti, come quella a vaso policonico, che, grazie anche ai recenti sviluppi

nella ricerca, è stata riproposta con alcune modifiche (schemi meno rigidi della Roventini)

come modello di riferimento per gli oliveti tradizionali e semintensivi. Sebbene ampiamente

accettata, la scelta del tipo di potatura di riforma continua, comunque, a essere oggetto di

vivaci confronti tra operatori, tecnici e studiosi del settore.

Riflessioni sulla scelta della modalità di riforma.

Ripercorrendo la letteratura storica olivicola della Toscana, non si può fare a meno di

ricordare una celebre frase del professor Nizzi Grifi, i cui principi di potatura ci guidano in

buona parte nella pratica ancora oggi. Egli consigliava di intraprendere un’unica e profonda

potatura di riforma:”Meglio riformare a fondo 100 olivi che riformarne 150 a mezzo per

salvare qualche mezza branca allo scopo di guadagnare un po’ di olive”. Alla luce delle

moderne conoscenze agronomiche e delle tecniche più avanzate di potatura, i concetti di

Nizzi Grifi, pur essendo senza dubbio adeguati e funzionali per l'epoca in cui furono proposti,


appaiono oggi in parte da rivedere. La potatura di riforma può essere eseguita in vari modi:

totale in un solo intervento, totale suddivisa in più anni (con una parte dell'oliveto riformata

ogni anno), oppure graduale nel corso di più anni, a seconda delle specifiche agronomiche,

economiche e lavorative aziendali. In genere, la riforma radicale in un solo intervento, si fa

preferire nei casi in cui le piante presentano significativi problemi strutturali e uno stato di

forte deperimento, causato da un ambiente di coltivazione non più rispondente alle loro

esigenze di aria e di luce, spesso derivante da un lungo periodo di abbandono o da una

gestione inadeguata.

Prima di procedere con la riforma è opportuno assicurarsi, con sufficiente anticipo, che le

piante siano dotate di adeguate riserve nutritive. Ciò consente alle piante di affrontare

meglio lo stress causato dalla potatura, aumenta la capacità di difesa dalle avversità

abiotiche e biotiche e accelera il pieno recupero della chioma. Al termine delle operazioni di

potatura è importante effettuare tempestivamente la disinfezione delle ferite più estese con

prodotti rameici, per garantire una protezione efficace contro gli agenti patogeni che

potrebbero compromettere la salute dell’albero.

Le principali ragioni che giustificano la scelta della riforma totale riguardano l'accumulo di

legno strutturale, in special modo nella parte alta della chioma, dovuto a branche principali

sviluppatesi eccessivamente in diametro a una notevole altezza, nonché alla presenza di

formazioni dicotomiche e grosse branche secondarie. Queste strutture vegetative creano

veri e propri "cappelli" che ostacolano l’ingresso della luce nelle porzioni medio-basse della

chioma, determinando, unitamente all’espansione delle piante vicine, un ambiente privo di

una adeguata illuminazione e un progressivo declino vegetativo delle branche secondarie

inferiori, che rappresentano il primo palco utile per formare la nuova base del cono di

vegetazione. In tali circostanze, un intervento radicale e tempestivo può rappresentare la

soluzione più indicata per ripristinare la funzionalità dell’oliveto.Tuttavia, nel caso di olivi

condotti con un’altra forma di allevamento, mal strutturati ma costantemente gestiti e in

piena produzione, la riforma totale può essere realizzata in modo più graduale, suddividendo

l’intervento in più anni, riformando una parte dell’oliveto per volta. Un’alternativa altrettanto

valida per oliveti in simili condizioni è la riforma graduale, che prevede l'integrazione della

normale potatura di produzione con interventi mirati di riforma, da effettuare con

avvedutezza quando possibili, per non alterare eccessivamente gli equilibri fisiologici della

pianta. Questo approccio consente un minore investimento economico iniziale, una

produzione più regolare e un minor stress per le piante, riducendo i rischi fitosanitari. Inoltre,

la riforma graduale offre maggiore flessibilità nella gestione, in quanto gli interventi possono

essere adattati alle condizioni specifiche delle piante (cultivar, età, suolo, diverso stato

strutturale, predisposizione o meno alla fruttificazione nell'annata in corso, ecc.) e a quelle

agronomiche, economiche e sociali delle aziende, permettendo una gestione dinamica e

meno rigida. Sebbene il raggiungimento della forma desiderata richieda più tempo, la riforma

graduale, se eseguita con competenza, consente di mantenere una certa produttività

durante il processo di conversione della forma.

Metodo di riforma totale

Idealmente, la pianta a vaso policonico è costituita da un tronco alto 1,00-1,20 m, dal quale

si sviluppano 3 o 4 branche principali (5-6 o più nei soggetti più grandi). Queste sono

inclinate di 40-45° nel primo tratto per favorire l'espansione basale della chioma, per poi


assumere gradualmente una direzione quasi verticale onde evitare l'ombreggiamento del

settore sottostante, degradando diametralmente sino all'altezza definitiva per regolare il

flusso linfatico. La potatura di riforma a vaso policonico mira a semplificare e riorganizzare

l'architettura dell'albero, suddividendo la chioma in più coni di vegetazione disposti in modo

equidistante, al fine di occupare uniformemente l'intero arco di 360 gradi. L'intervento

consiste nella riduzione della parte scheletrica, sopprimendo il numero eccessivo di branche

primarie attraverso una accurata selezione. Le branche destinate a rimanere devono

risultare correttamente distanziate e inclinate rispetto all'asse del tronco, e in numero limitato

ma sufficiente a garantire la copertura ottimale dello spazio, evitando la formazione di

eccessive e improduttive "finestrature". Nel caso di olivi con branche principali molto

inclinate verso l'esterno, si crea un'ampia spaziatura fra gli elementi strutturali all’interno del

vaso. Questo induce l’albero ad una decisa risposta attraverso una vigorosa emissione di

succhioni dorsali (un fenomeno noto come epitonia), finalizzata a riconquistare rapidamente

gli spazi lasciati vuoti e ripristinare la forma naturale. Al contrario, la ridotta inclinazione delle

branche primarie implica una minore emissione di succhioni, ma comporta una tendenza

degli assi primari a svilupparsi in altezza e in diametro difficile da controllare. La struttura

degli assi principali del vaso policonico deve essere perseguita mediante l’eliminazione

razionale delle formazioni dicotomiche presenti nella porzione superiore, in quanto

responsabili di una notevole, ma dannosa, capacità di attrarre e trattenere le sostanze

nutritive nella parte alta. È comunque ammesso un minimo di sdoppiamento dicotomico, ma

solo se originato dalla zona inferiore della branca primaria per formare la parte scheletrica

basilare. Una volta impostate correttamente le branche primarie, l’intervento prosegue con la

selezione delle branche secondarie per ristabilire ordine, distanze e rapporti di forza tra

questi elementi strutturali. La distribuzione delle branche secondarie lungo l'asse principale

deve seguire un ordine progressivamente decrescente. Partendo dalla base del cono, le

branche secondarie devono essere più robuste e lunghe per favorire l'espansione verso

l'esterno. Man mano che si sale verso l'apice, le strutture secondarie devono ridursi

progressivamente in vigore, diametro, lunghezza, volume e densità vegetativa. Inoltre,

all'aumentare dell'altezza, devono incurvarsi in modo più pronunciato e precoce, formando

una serie di archetti. In questo modo, sarà favorito il loro progressivo rivestimento fino alla

cima, realizzando il gradiente conico di vegetazione e ottimizzando così l’intercettazione

della luce su tutta la superficie fogliare. Una volta che le branche secondarie si saranno

perfettamente rivestite lungo i loro assi, la pianta sarà composta da tanti coni

progressivamente vestiti dall’alto in basso: l’intera pianta, così configurata, prende il nome di

'policonica'.

Metodo di riforma graduale.

La potatura di riforma graduale, invece, ambisce a modificare progressivamente la

conformazione della chioma senza compromettere significativamente le performance

produttive dell'oliveto. Questa modalità consente di mantenere un buon compromesso tra

l’evoluzione strutturale della pianta e le esigenze produttive dell'olivicoltore, garantendo nel

tempo una gestione più sostenibile e meno invasiva dell'albero. In genere, si presta meglio

su olivi in produzione che, pur conservando una accettabile distribuzione delle branche

primarie dal tronco, evidenziano un accumulo di legno strutturale nella parte alta della

pianta. Un esempio pratico può essere rappresentato da olivi allevati a vaso dicotomico che

non sono stati gestiti in maniera ottimale. Di solito, le piante presentano dicotomie e grosse,

lunghe e voluminose branche secondarie che partono dall'alto e discendono, mettendo in


ombra le ramificazioni sottostanti. Per invertire questa situazione, la strategia di riforma,

sviluppata su più anni, prevede inizialmente l’alleggerimento della parte alta della chioma,

riducendo il volume vegetativo e l’assorbimento linfatico, eliminando e/o raccorciando le

branche più ingombranti. In questo modo, si favorisce inoltre l'ingresso di luce nelle zone

medio-basali. La maggiore esposizione alla luce, all’aria e al calore stimola la formazione di

nuovi germogli, promuovendo la ripresa di vigore e lo sviluppo centrifugo delle porzioni più

importanti per l’olivicoltore. Con questo approccio, la riforma prosegue con la creazione di

modeste finestre di luce nella vegetazione, intervenendo su porzioni o, se le circostanze lo

consentono, su intere branche secondarie che si originano dalla zona intermedia dell'asse

principale. Per sostituire le strutture secondarie che saranno via via asportate, è opportuno

lasciare crescere preventivamente alcune formazioni vegetative (succhioni) a medio vigore,

ben disposte e orientate, dalla zona laterale o leggermente dorsale della branca primaria,

dove è più probabile l'emissione di nuovi germogli. Un ulteriore accorgimento, per rinvigorire

e promuovere l'avanzamento di questo settore di chioma nel minor tempo possibile, consiste

nel favorire lo sviluppo delle branche secondarie laterali, evitando quelle esterne che si

sviluppano sul ventre della branca primaria sopra il primo palco di secondarie. La ragione di

questa scelta risiede nel fatto che le secondarie ventrali, che originano più in alto e da punti

più inclinati verso l'esterno delle branche primarie, possono ostacolare la penetrazione della

luce verso le secondarie più basse, che provengono da zone più interne e dunque già

svantaggiate. Al contrario, le secondarie laterali che si sviluppano dalla zona medio-alta,

seguono la perpendicolare della branca primaria e si allineano meglio con la luce,

consentendo una maggiore penetrazione luminosa nelle zone inferiori, in particolare quelle

ventrali. Per rigenerare la parte basilare del cono di vegetazione è quindi necessario creare

le condizioni affinché la linfa grezza proveniente dalle radici si concentri in detta zona, per

poi risalire lentamente lungo un percorso leggermente inclinato verso l'esterno, che si riduce

progressivamente fino ad una cima moderata. Quando le branche saranno Idealmente

rivestite lungo i loro assi, in perfetta sintonia con le esigenze di libera espansione dell'albero

e con le necessità produttive dell'olivicoltore, la pianta avrà il suo corredo vegetativo aereo

composto da numerose unità produttive disposte a forma di cono.

Criteri di valutazione per realizzare la cima del

vaso policonico.

La cima nel vaso policonico gioca un ruolo centrale nel bilanciamento tra attività vegetativa e

fruttificazione, contribuendo a migliorare le performance produttive. Governando lo sviluppo

della vegetazione sottostante, essa consente il mantenimento della forma ideale della

pianta, ottimizzando l’intercettazione dell'energia solare su tutta la superficie della chioma.

Per regolare la dimensione della cima e ottenere il giusto assetto, l'operatore dovrà

considerare:

1. Le dimensioni complessive della pianta, affinché la crescita sia bilanciata su tutta la

chioma.

2. Il vigore vegetativo dell'albero per regolare la crescita e ottimizzare l’utilizzo delle risorse

disponibili.


3. Le diverse condizioni ambientali dell’oliveto, affinché la cima possa essere adattata sia

alle esigenze fisiologiche dell’albero che a quelle specifiche agronomiche dell'olivicoltore

(metodo di raccolta, recupero del volume di chioma nei settori di maggiore intressse, ecc.).

4. Il vigore e il portamento delle diverse cultivar (assurgente, espanso, pendulo, ecc.) per

rispondere adeguatamente a specifiche esigenze varietali di sviluppo.

5. Il tipo di potatura (formazione, produzione, riforma, ecc.).

6. Il rigoglio e l'omogeneità della chioma: su piante con bassa vigoria o su branche primarie

che necessitano di ulteriore rivestimento nella parte medio-bassa, è opportuno utilizzare una

cima moderata, che garantisca la continuità vascolare e, di conseguenza, la normale

circolazione della linfa, pur limitandola nell’assorbimento di sostanze nutritive.

7. L'equilibrio tra le cime: l'operatore deve regolare le cime in modo che risultino equidistanti,

con la stessa altezza e densità di fogliame per una crescita equilibrata.

8. Metodo di raccolta: L'operatore deve definire la cima in base al metodo di raccolta scelto

(manuale, agevolato, meccanizzato con vibro-scuotitori, ecc.) per garantire l'efficienza della

raccolta.

La forma della chioma può essere adattata in base al metodo di raccolta:

Bassa e larga è ideale per la raccolta con pettini agevolatori.

Stretta e alta è adatta per l'uso di scuotitori meccanici.

Questa differente distribuzione permette di rendere più efficiente il sistema di raccolta senza

modificare il volume della chioma.

Il vaso policonico strutturato per la raccolta con vibro-scuotitori presenta branche primarie

con un angolo di inserzione relativamente stretto (35-40°) rispetto alla verticale, mentre le

branche secondarie sono numerose, corte e prive di lunghe pendaglie. Questa

configurazione garantisce una chioma compatta e rigida, ottimizzando la trasmissione delle

vibrazioni necessarie per staccare i frutti limitando i danni alla pianta. Al contrario, il vaso

policonico con una struttura più adatta alla raccolta con i pettini agevolatori prevede una

chioma più ampia e meno rigida, con una disposizione delle branche che permette ai pettini

di muoversi più facilmente tra i rami, senza compromettere la qualità del raccolto o

danneggiare eccessivamente la pianta.

Filippo Cecchelli

 

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